Le disparità territoriali in Italia sono una questione radicata e complessa, che affonda le sue radici in secoli di sviluppo economico, sociale e infrastrutturale disomogeneo. Per comprendere l’entità di queste disparità, è utile analizzare alcuni dati chiave che evidenziano il divario tra le diverse regioni italiane, in particolare tra il Nord e il Sud del Paese.

Uno degli indicatori più significativi delle disparità territoriali è il prodotto interno lordo (PIL) pro capite. Nel 2022, il PIL pro capite nel Nord Italia era di circa 38.500 euro, mentre nel Sud e nelle Isole era di circa 20.000 euro. Questo significa che il PIL pro capite nel Mezzogiorno è quasi la metà di quello del Nord, una differenza che evidenzia il divario economico tra le due aree. Se consideriamo le singole regioni, la Lombardia, con un PIL pro capite di oltre 40.000 euro, è tra le regioni più ricche d’Italia, mentre la Calabria si colloca tra le regioni più povere, con un PIL pro capite di circa 17.000 euro.

Il tasso di occupazione è un altro indicatore cruciale delle disparità territoriali. Nel 2022, il tasso di occupazione nel Nord Italia si aggirava intorno al 68%, mentre nel Sud era solo del 44%. Questa differenza di oltre 20 punti percentuali è una delle più marcate in Europa e riflette non solo la diversa disponibilità di posti di lavoro, ma anche la qualità dell’occupazione. Nelle regioni meridionali, infatti, il lavoro precario e a bassa retribuzione è molto più diffuso, contribuendo a mantenere elevati i livelli di povertà.

La povertà è un problema particolarmente acuto nel Mezzogiorno. Secondo l’Istat, nel 2022, il 20,3% delle famiglie residenti nel Sud Italia viveva in condizioni di povertà relativa, rispetto al 5,9% nel Nord. La povertà assoluta, che misura l’incapacità di soddisfare i bisogni essenziali, colpiva il 10,5% delle famiglie nel Sud, rispetto al 4,3% nel Nord. Questi dati dimostrano come le disparità territoriali si traducano in una significativa disuguaglianza nelle condizioni di vita delle persone.

Anche l’accesso ai servizi pubblici essenziali mostra forti differenze tra Nord e Sud. Nel campo della sanità, ad esempio, il tasso di mortalità infantile nel Sud Italia è di circa 3,7 per 1.000 nati vivi, rispetto a 2,6 per 1.000 nel Nord. Inoltre, i tempi di attesa per interventi chirurgici e visite specialistiche sono mediamente più lunghi nel Sud, dove la carenza di strutture sanitarie adeguate e di personale medico è un problema cronico. Nel campo dell’istruzione, il tasso di abbandono scolastico nel Mezzogiorno è del 17%, mentre nel Nord è del 10%, una differenza che riflette anche le disparità nella qualità dell’offerta educativa.

Le infrastrutture rappresentano un altro aspetto cruciale delle disparità territoriali. Il Sud Italia soffre di un deficit infrastrutturale significativo rispetto al Nord. Ad esempio, solo il 24% delle abitazioni nel Sud è servito da una rete di banda larga ad alta velocità, contro il 48% nel Nord. Anche la rete ferroviaria è meno sviluppata: nel Mezzogiorno, solo il 6% dei treni è ad alta velocità, mentre nel Nord questa percentuale sale al 26%. Questo divario infrastrutturale limita l’accesso ai mercati e alle opportunità economiche per le regioni meridionali, contribuendo a perpetuare le disparità.

Lo spopolamento delle aree interne è un fenomeno strettamente legato alle disparità territoriali. Negli ultimi decenni, molte aree rurali e montane del Sud Italia hanno visto una drastica riduzione della popolazione. Tra il 2001 e il 2020, le regioni del Mezzogiorno hanno perso oltre 600.000 abitanti, mentre il Nord ha visto un incremento demografico di quasi un milione di persone. Questo esodo è causato principalmente dalla mancanza di opportunità lavorative e dalla scarsità di servizi, che spingono i giovani a emigrare verso le città del Nord o all’estero.

Le politiche europee e nazionali hanno cercato di affrontare queste disuguaglianze, ma con risultati contrastanti. Ad esempio, i fondi strutturali dell’Unione Europea, che rappresentano uno degli strumenti principali per ridurre le disparità territoriali, hanno finanziato numerosi progetti di sviluppo nel Sud Italia. Tuttavia, la capacità di assorbimento di questi fondi è spesso limitata dalla complessità burocratica e dalla mancanza di competenze amministrative a livello locale. Tra il 2014 e il 2020, solo il 40% dei fondi destinati alle regioni del Mezzogiorno è stato effettivamente speso, a fronte di un tasso di spesa del 70% nel Nord.

Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), che prevede investimenti per oltre 200 miliardi di euro per rilanciare l’economia italiana post-pandemia, rappresenta una nuova opportunità per affrontare le disparità territoriali. Circa il 40% delle risorse del PNRR è destinato al Mezzogiorno, con l’obiettivo di colmare il divario infrastrutturale, migliorare l’accesso ai servizi e promuovere uno sviluppo sostenibile. Tuttavia, la sfida principale sarà garantire che questi investimenti siano effettivamente utilizzati in modo efficace e che producano risultati concreti sul territorio.

In conclusione, le disparità territoriali in Italia sono un problema di lunga data, che richiede interventi mirati e coordinati a livello nazionale ed europeo. I dati evidenziano come il divario tra Nord e Sud sia ancora profondo, con differenze significative in termini di sviluppo economico, occupazione, povertà, accesso ai servizi e infrastrutture. Ridurre queste disparità è essenziale per garantire un’equa distribuzione delle opportunità e delle risorse, promuovere la coesione sociale e territoriale, e costruire un futuro più giusto e sostenibile per tutti i cittadini. Il successo delle politiche future dipenderà dalla capacità di superare gli ostacoli strutturali che finora hanno limitato l’efficacia degli interventi, e dalla volontà politica di affrontare con determinazione le sfide che le disparità territoriali pongono al Paese.